23 Mar Le Emozioni nella più piccola delle società: la Coppia
La conoscenza di chi siamo o quanto sappiamo di noi stessi è collegata strettamente al concetto del Sé, riferito all’insieme dei pensieri e dei sentimenti che ci definiscono, facendoci ritenere ciò che siamo, e che divide il nostro Io reale nelle tre dimensioni del Me, che sono:
A. quello materiale (il nostro corpo e come gli altri ci vedono);
B. quello sociale (quali e quanti ruoli rappresentiamo nei diversi contesti sociali);
C. quello spirituale (la conoscenza di se stessi in relazione agli atteggiamenti, interessi e motivazioni).
Tutto questo mi porta a pensare che il nostro percorso di vita e il rapporto con gli altri è condizionato dalle emozioni che vengono riconosciute immediatamente, come la felicità, la tristezza, la sorpresa, la paura o il disgusto. Queste emozioni sono lo specchio della conoscenza del Sé e del Me spirituale, in quanto la nostra coscienza è organizzata e motivata dal flusso delle emozioni.
Tutti sappiamo distinguere la felicità, o se abbiamo vissuto dei momenti tristi, o ancora apprendere da alcune circostanze della vita il senso di paura o disgusto e, infine, mostrare sorpresa di fronte ad eventi particolari. Tutte queste sono le emozioni, ma quanti di noi hanno la capacità di esternarle e farle comprendere agli altri? Non molti, in quanto viviamo in una società dove l’apparire e la forma hanno sostituito la natura di chi realmente siamo.
Ognuno di noi si dovrebbe fermare ad ascoltare ciò che prova nel suo intimo per vedere i colori delle proprie emozioni e dare loro una voce e un volto.
Il “luogo” più importante per esprimere le proprie emozioni è la famiglia, e in particolare la relazione di coppia. Se il rapporto emozionale viene meno, possono verificarsi situazioni del genere; poniamo l’esistenza di due soggetti che chiamiamo A e B. Un giorno si conoscono, si sentono attratti e innamorandosi decidono di compiere il loro percorso di vita insieme.
Ma avviene che in un giorno X del loro cammino, il soggetto A decide di staccarsi dal soggetto B.
Cosa è successo alle emozioni? Perché la felicità è diventata tristezza? Perché il piacere di stare vicini è diventato disagio? Perché il sogno di invecchiare insieme diventa paura? Perché sono scomparse le emozioni del primo giorno?
Queste circostanze possono essersi verificate per:
a. la mancanza dei piccoli gesti quotidiani, che sono poi i più importanti;
b. la constatazione che la persona che si ha accanto non pensa di rimuovere i ruoli e gli schemi creati nel tempo, a scapito della vivacità del rapporto;
c. il venir meno delle emozioni che devono essere ricreate in ogni incontro come se fosse il primo, per provare quel desiderio di piacersi sempre, senza apparire come un fiore appassito.
Per A e B cambiare è difficile, la prima e più importante difficoltà è data dalla presenza dei figli, che impone la necessità di non sconvolgere la loro vita. In ogni caso A e B si sono persi, hanno nascosto e dato per scontato che non c’era più nulla da scoprire, sensazioni ed emozioni sono affievolite di fronte alla stanchezza del giorno, ai problemi di lavoro e alle difficoltà economiche. Tutto muore quando viene ricoperto dal velo della noia e della quotidianità.
Sì, A e B hanno fatto l’errore di cadere nella pigrizia quotidiana (non sono i soli, basta leggere i dati ISTAT sulle separazioni e divorzi).
Nonostante il venir meno del loro rapporto emozionale e della decisione di separarsi, una coppia può comunque lasciar spazio ad un altro tipo di emozione, legato per esempio alla sfera genitoriale e di rapporto con i figli. Possono anche consapevolmente ascoltare un’emozione negativa, come il disagio, e prenderne coscienza. Non si nascondono più, accettando con umiltà una situazione che creava imbarazzo a loro e ai loro figli. E’ ovvio, una separazione crea sempre una turbolenza emozionale interiore e, pur vivendo in tale stato emotivo, si può gestire al meglio l’affettività e il rapporto con i figli, dimostrando che ci si separa come coppia e non come genitori.
Il merito di A e B in questo caso è di avere capito che non si può vivere prigionieri di una condizione di vita non appagante, ma bisogna avere il coraggio di riconoscere con umiltà i propri limiti alla reciproca comunicazione causa dei mutamenti della condizione di vita.
In conclusione per perseguire il proprio benessere interiore dobbiamo imparare a non mentire, a non nasconderci nè con gli altri né, ancora più importante, con noi stessi.